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lunedì 26 maggio 2025

ADIM FARAH - Un pesciolino nero (1)


Ho finito la visione di HERCAI che, malgrado alcuni difetti, presenta innegabilmente un notevole fascino, e che mi ha preso molto di più di CALIKUSU, che pur aveva i suoi pregi. Cercando in rete un'altra storia che potesse appassionarmi, incuriosita dal nuovo acquisto di Mediaset, che probabilmente lo dovrebbe mandare in onda questa estate, mi sono decisa a muovermi autonomamente, pensando che seguire serie in lingua originale potesse aiutarmi con le mie lezioni di turco e sono capitata in questa storia dove il protagonista maschile, Engin Akyürek, non mi ha preso in un primo momento, almeno da un punto di vista estetico e ancora troppo immersa nei primi piani di Akin Akinozu. Conoscevo invece Demet Özdemir da La Ragazza e l'Ufficiale dove aveva interpretato il ruolo interessante di Ayla. Quello che però mi ha incuriosito è stata soprattutto la trama.


 

Così eccomi a vedere, nei ritagli di tempo, la prima puntata che ha un titolo suo, Küçük Kara Balık (Un pescolino nero) che poi è quello della storia raccontata al piccolo Kerim, il figlio della nostra protagonista, che fa riferimento a un pesciolino nero che voleva viaggiare e che era costretto a muoversi la notte, quando nessuno vedeva la sua diversità, in qualche modo chiaro riferimento alla condizione del bambino. 


 

La storia è costruita in modo tale da catturare decisamente l'attenzione, fin dal primo episodio. Incontriamo Farah, una donna iraniana, che, da clandestina, vive a Istanbul e che di notte lavora con un gruppo di altre donne immigrate, per un servizio di pulizia che le manda a ripulire i locali dopo che le persone sono andate via. Quest'immersione in una città turbolenta e notturna ci cala subito in un contesto molto diverso dalla scintillante Midyat, piena di riti, tradizioni. Qui siamo proprio nella pulsante modernità, in un mondo decisamente vicino (forse troppo!) all'Occidente, che però conserva ancora qualcosa del suo fascino esotico.


 

Farah si muove nell'ombra, abituata a non farsi vedere, nonostante la sua innegabile avvenenza, ma la sua condizione e il suo ruolo le permettono di essere quasi trasparente, anche davanti a loschi personaggi che sono molto lontani dalla sua quotidianità, fatta di un bambino di cinque anni, affetto da una malattia genetica rara, che lo costringe a vivere in un contesto di assoluta sterilità, dove per potersi muovere ha bisogno di indossare una tuta che lo protegga da qualsiasi contatto rischioso per la sua vita.


 

 

Farah accetta anche lavori extra pur di mettere da parte i soldi che le serviranno per lasciare la città e arrivare a Parigi, l'obiettivo primario del suo viaggio di fuga dall'Iran, così una sera accetta un lavoro extra in un locale, dove deve pulire completamente da sola. Mentre sta ripulendo, sente dei rumori nella sala principale e assiste, terrorizzata, all'uccisione di un uomo da parte di un ragazzo arrogante e pericoloso, che aveva visto anche in un'altra occasione.


 

A risolvere "il problema", arriva l'uomo di fiducia di Kaan Akinci, il figlio del boss locale, un certo Tahir Lekesiz (Engin Akyurek) e già dalle prime scene e dalle prime occhiate le mie reticenze estetiche cominciano a traballare, in quanto l'attore è decisamente entrato nella pelle di questo personaggio pericoloso e oscuro che arriva a risolvere i guai di un ragazzino viziato e crudele.


 

Sorpresa per un messaggio di notifica arrivato sul suo cellulare, Farah, disperata, pensa solo a suo figlio e al fatto che, se dovesse morire quella notte, lui resterebbe completamente da solo. Così prega l'uomo di non ucciderla e che lei potrà ripulire tutte le tracce dell'omicidio. Tahir glielo consente, ma quando poi lasciano il locale, Farah, terrorizzata che possa farle del male, si lancia fuori dalla sua macchina, rotolando sull'autostrada e fuggendo.


 

Tahir la ritrova e scopre che quello che la donna gli aveva detto (di essere la madre di un bambino malato), non erano bugie per impietosirlo e anche se capire quello che passa nella sua mente è piuttosto complicato, la lascia andare, ricordandole però che può rintracciarla in qualsiasi momento. La situazione però si complica quando Farah scopre che l'uomo ucciso è l'amico di Gonul, la vicina di casa che si occupa di Kerim quando lei non c'è, ma soprattutto è un giovane poliziotto.


 

Il senso di giustizia che lotta dentro di lei la induce a meditare su che cosa sia giusto fare e un giorno si reca alla centrale di polizia con l'intenzione di parlare. Qui però si trova anche Tahir e la scena in cui lo loro sguardi si incontrano nel corridoio della centrale è di grande impatto emotivo. 


 

Farah corre via, decisa a far perdere le sue tracce. Riesce a tornare a casa, a prendere tutti i suoi risparmi, le medicine di Kerim e il figlio, e si reca da un tipo che, dietro compenso, aiuta gli immigrati a muoversi nel paese. Compra un biglietto dell'autobus per lasciare la città, ma un uomo nota i risparmi che la donna ha nella borsa e la segue. Addormentatasi per al stanchezza, Farah viene derubata e quando si lancia all'inseguimento dell'uomo, viene colpita e perde i sensi davanti al suo bambino.


 

L'incidente non ha gravi conseguenze, tranne quello di fermare la sua fuga, ma in ospedale, senza soldi e senza sapere come fuggire, vede un uomo ricco, decisamente lontano dalla sua condizione di miseria, ferito da un arma da fuoco e, spinta dalla disperazione, nell'esigenza di un medico che possa aiutarlo, si butta avanti, rivelando anche al pubblico che è in realtà un medico.


 

Farah salva l'uomo, che le chiede il suo nome, da qui il titolo (Adin ne?...Come ti chiami?... Adim Farah... Il mio nome è Farah). Ma quando arriva l'elicottero per portarlo via, e il figlio scende tempestoso, ci rendiamo conto, con la povera Farah, che si tratta dello stesso ragazzo arrogante che ha ucciso il poliziotto. E quando l'uomo, il boss, chiede di trovare la donna, di trovare Farah, gli occhi di Tahir Lekesiz si incrociano stupiti con quelli di lei. E noi spettatori, che ci siamo avvicinati solo adesso a questa storia, capiamo subito di essere stati catturati anche noi! Resteremo prigionieri? Questo dipenderà dall'abilità degli autori, ma sicuramente l'aggancio c'è e ci sono tutte le premesse!

lunedì 19 maggio 2025

HERCAI - Viola del Pensiero (Finale 69)

 


Ed eccomi qui a commentare l'ultimo episodio di questa serie di cui tutti parlano e che indubbiamente ha catturato il mio interesse in questi mesi che l'ho seguita. L'ultimo episodio, dopo tanti affanni, finalmente concede all'amore e alla speranza tutto il tempo necessario per darci una visione non solo del presente dei nostri eroi, ma anche un futuro non incerto, ma dalle luci chiare e di questo, dopo tanto penare e varie esperienze di finali di serie turche, non dobbiamo che ringraziare.


 

L'ultima cattiva (o pazza, che dir si voglia) cede anche lei al potere della felicità dei nostri eroi. In realtà è stata Handan ad aver denunciato la figlia alla polizia, dopo essersi resa conto che sarebbe stata sempre un pericolo per tutti loro e quindi, davanti agli occhi di tutti, si score che è lei l'assassina del povero Harun, personaggio che avrebbe meritato un destino diverso.


 

Se Yaren viene portata in prigione, Azize è sparita nel nulla dopo una lettera di addio, dove si è autoesiliata lontano da tutti, ritenendo di non meritare nessuna felicità. Reyyan cerca di convincere Miran a ritrovarla e l'uomo, ormai sulla strada della felicità e lontano dal ragazzo arrabbiato e pieno d'odio che avevamo conosciuto al principio, accetta di buon grado, anche se quello che la ritroverà è invece Cihan, ormai deciso sulla sua strada di redenzione. L'uomo infatti, parando con Esma, ha scoperto dove vive la donna e va a parlare con lei per convincerla che il suo compito è quello di esserci per i suoi nipoti, per suo padre, scontando con l'impegno e la costanza tutto il male fatto.


 

Le sue parole colpiscono il segno, soprattutto perché arrivano da un ex nemico, e Ayze/Azize torna nella vita del povero Nasuh che aspettava solo lei. Mentre loro si ritrovano e decidono di sposarsi, con il divertimento di tutti i membri della famiglia, Reyyan e Miran riaprono la fondazione, grazie soprattutto al contributo di Mahfuz, il padre pentito, che dal momento in cui ha ritrovato la figlia non ha smesso di esserle accanto.


 

Durante un incontro con alcuni bambini di una casa famiglia, Miran e Reyyan incontrano Melek, una bambina che ha perso la madre e il cui padre è finito in prigione per le violenze inflitte alla donna. Restituita da varie famiglie affidataria, Melek è considerata un caso difficile, ma si ferma nel cuore dei due anche per i grandi occhioni azzurri che ad entrambi ricordano quelli di Hazar. A questo punto, dopo una breve esitazione, i due si confrontano e decidono di adottarla, soprattutto perché Miran aveva espresso il desiderio, al momento impossibile, di avere una figlia.


 

L'affidamento e poi l'adozione arrivano e per la nostra coppia si apre un cammino di felicità che ci porta proiettati avanti di cinque anni, quando ormai abbiamo coppie realizzate con figlie (come Firat e Zeynep) e sappiamo anche di Azat e Gonul, che vivono a Istanbul, e che sono da poco diventati genitori.


 

Reyyan è al suo primo giorno di scuola e sembra quasi che debba iniziare a studiare, invece scopriamo che è diventata una maestra e che insegnerà ai bambini delle scuole elementari non soltanto le materie fondamentali, ma soprattutto a credere nella potenza dell'amore e dei miracoli, che hanno reso la sua vita felice, quando nessuno se lo aspettava.


 

Sul finale ci viene spiegato il titolo HERCAI con i due protagonisti che, dopo aver dato l'annuncio a tutta la famiglia e gli amici riuniti che presto saranno nuovamente genitori di due gemelli (ci auguriamo che Reyyan abbia fatto una cura e non si affidi nuovamente al miracolo!), guardano quello che hanno costruito e spiegano la favola della viola del pensiero e del bucaneve. In pratica due viole del pensiero si erano innamorate e per vivere il loro amore in solitudine decisero di sbocciare in inverno. Una si svegliò e nonostante la neve aspettò il ritorno dell'amato, ma l'altra viola non sbocciò e l'altro fiore, sotto i fiocchi di neve, si piegò diventando un bucaneve. Da allora l'altra viola del pensiero, chiamata appunto Hercai, divenne il simbolo dell'abbandono dell'amante. Hercai in turco significa anche incostante e allude alla parte iniziale della storia. Reyyan ha voluto dare una seconda possibilità a questo amore, trasformandolo in legenda. E in questa visione romantica, si conclude HERCAI una serie sicuramente interessante, con alti e bassi. Di seguito le mie conclusioni.


 

PUNTI DI FORZA: Sicuramente il plot iniziale, la trama della terribile vendetta, dove l'amore, come elemento potente e imprevisto, arriva a scompaginare le carte. La prima stagione è di gran lunga la migliore delle tre, anche se ho apprezzato il tempo che ci hanno dato per ammirare l'amore come sia diventato poi solido nel tempo, ma l'anima originale è quella iniziale e decisamente la parte migliore. Miran è sicuramente un altro punto di forza, un eroe anti eroe, un personaggio fragile, pieno di sfumature, impulsivo, tormentato, nervoso, reso eccellente e indimenticabile da una recitazione, quella di Akin Akinozu eccellente, tanto che si fa difficoltà a togliere la pelle di Miran da quest'attore pregevole ed espressivo. Senza di lui, si ha difficoltà ad immaginare la storia.


 

Altri punti innegabili di forza sono le ambientazioni, location piene di fascino, esotiche, lontane, che avvolgono lo spettatore trascinandolo in un mondo altro, dove siamo disposti a credere a qualsiasi cosa e che rendono la storia qualcosa allo stesso tempo di antico e moderno. La fotografia, inoltre, è assolutamente da premiare, come le luci, le musiche da film, dove non c'è nulla da invidiare alle grandi produzioni americane. La qualità qui è innegabile.


 

PUNTI DEBOLI: L'eccessiva lunghezza, per cui a tratti si ha l'impressione di essere calati in una storia diversa. La scomparsi ingiustificata di alcuni personaggi, che danno l'impressione allo spettatore di trascuratezza, come l'amico di Azat della seconda stagione, il soldato che lo affianca per un breve periodo, poi scomparso dalla scena, Gul, che non compare mai nell'ultima parte della storia, Zehra che scompare anche negli ultimi episodi, quando alla figlia succede di tutto, o Melike, amica di una vita che non solo non c'è durante l'ultimo matrimonio di Miran e Reyyan, ma non viene fatta vedere neanche nella parte finale. Qualunque cosa sia successa (e qualcosa deve essere successo di sicuro!) durante le riprese, purtroppo pesa sulla realizzazione finale. 

 


Punto debole è anche l'utilizzo delle foto di Aslan per arredare la casa di Miran e Reyyan. Mi dispiace ma proprio non dimentico. Mi sembra un particolare decisamente segno di trascuratezza. Potevano utilizzare altre foto, ma quelle decisamente no. L'immortalità di Miran, o il modo in cui si rialza dopo che lo hanno sparato, buttato giù da un burrone, lo hanno investito con un tir, ma lui dopo poche ore si alza in piedi come nulla fosse, o quando Reyyan si risveglia dal coma e tranquillamente sulle sue gambe va a vedere il figlio. Capisco che i tempi morti non piacciano ai produttori delle serie turche, ma bastava una scritta semplice... Qualche giorno dopo... e tutto sarebbe stato più credibile! L'uscita di scena di Elif, altro elemento piuttosto stridente, forzato dalle circostanze. Avrebbero dovuto trovare una soluzione migliore.


 

Nel complesso però, decisamente è una storia che si ricorda con piacere dove i punti di forza offuscano le incertezze. La trascuratezza non mi piace, ma Miran Aslanbey, poi Sadoglu vince su tutti e innegabilmente è una storia con un suo fascino che merita un 8, inficiato da quei punti deboli che, senza, avrebbero potuto portarla più in alto.

giovedì 15 maggio 2025

HERCAI - Residui (68)


Cosa può raccontare il penultimo capitolo dopo che la grande cattiva è finita in prigione? Ovviamente un ultimo tentativo di rivolta che porterà a un ulteriore punizione, più terribile della prima, che non sembrava agli autori di Hercai sufficiente a punire Fusun Aslanbey, arrivata a un certo punto della storia per prendere il posto della terribile Azize Aslanbey, a sua volta destinata al cammino della redenzione, come è successo a molti in questa storia sulle seconde possibilità.


 

Miran e Reyyan sembrano finalmente felici, dopo che tutti i nemici sono in qualche modo stati assicurati alla giustizia, o almeno e quello che credono loro, visto che Yaren, di cui si sono felicemente dimenticati, ancora esiste e lotta insieme a noi! Yaren, che sembrava aver avuto un miglioramento dopo la scoperta della gravidanza, ha un nuovo attacco di follia, alimentato dalla presenza di Firat, da lei disprezzato e usato nella prima parte della storia.


 

Quando però l'uomo arriva alla Mansione Aslanbey con il suo nuovo risonante cognome, accompagnato da una sposa dolce e devota, Yaren scopre di nutrire per lui un sentimento ossessivo, alimentato anche dalle attenzioni decisamente umane e non sentimentali che l'uomo ha nei confronti della moglie di suo cugino. Preoccupato infatti dei modi tirannici con cui Fusun la trattava, Firat è stato mediamente gentile, ma Yaren ha cominciato a combattere una guerra tutta sua, fino al punto di credere che il bambino che aspettava fosse un impedimento al coronamento del suo amore per Firat.


 

Quando scopre che Zeynep è incinta e che quindi Firat non si girerà neanche a darle una seconda occhiata, la sua follia esplode davanti a tutti, rivelando anche di aver abortito. Firat, preoccupato per le sue condizioni, decide di riconsegnarla alla sua famiglia che, rassegnata, la riaccoglie in casa, ma la vicinanza alla Mansione Umut, vedere quotidianamente la felicità di Reyyan e Miran, non giova alla sua salute mentale, già decisamente turbata.


 

Intanto restano residui di cui sbarazzarsi: Fusun fugge di prigione, tramite i suoi agganci. In precedenza c'era stata una visita di Azize solo per minacciare la donna, perché la nostra grande nonna non si rassegna a una simile punizione per chi ha ucciso suo figlio.


 

Fusun fugge e invece di pensare a comprare un biglietto di sola andata per un paese dall'altro lato del mondo, decide di completare la sua vendetta, uccidendo anche Miran. Quest'ultimo, come al solito, sembra agire alle spalle di Reyyan, preoccupato per la salute di sua nonna, ma quando si reca nel bosco, alla ricerca della strega cattiva, si scopre che il vero piano non era quello di Fusun, ma era stato ordito proprio da Miran, e la donna finisce per cadere sotto i colpi.


 

Ferita gravemente, ma non in maniera mortale, Fusun sconterà la sua condanna su una sedia a rotelle, incapace di parlare e di muoversi, dipendente completamente dagli altri. Solo i suoi occhi malvagi continuano a esprimere tutto il suo turbamento. Accanto a lei la buona Azra che, lasciando Midyat, non se la sente di abbandonarla al suo destino e decide di prendersi cura di lei.


 

Ormai tutto sembra avviarsi verso il finale e dopo una valanga di tragedie accogliamo i momenti di serenità con un certo sorriso, dove le preoccupazioni di Reyyan e Miran sono quella di far dormire Umut, di imparare a guidare (per Reyyan), di ricostruire la fondazione Umut per le bambine che vogliono studiare, e infine la circoncisione del piccolo Umut, secondo la religione islamica.


 

Anche se per noi occidentali il pensiero ci lascia un brivido, che condivide anche la madre Reyyan, tutti accolgono con gioia l'evento e persino Cihan, ormai completamente assorbito dalla famiglia di Miran, è molto emozionato, tanto da regalare al bambino, di cui diventerà una sorta di padrino, l'orologio che Hazar gli aveva donato quando era un ragazzino. Il legame tra loro si rinsalda, ma durante la festa, alla scoperta che Azize ha regalato a Reyyan la Mansione Aslanbey, Yaren perde completamente il lume della ragione e l'ultima cattiva, ancora rimasta nella storia, arriva al palazzo decisa non solo a turbare la festa per la circoncisione del piccolo Umut, ma anche a uccidere e sbarazzarsi della sua eterna e ingiustamente rivale Reyyan.


 

Pur sparando al povero padre, che non ha fatto altro che difenderla durante tutto questo tempo, Yaren sembra determinata, ma proprio sul punto finale l'arrivo della polizia, finalmente, pone fine a quest'ultimo grande ostacolo alla felicità dei nostri eroi. Che cosa ci attende nell'ultimo imperdibile episodio? Immagino che finalmente la tensione calerà e ci sarà posto per più sorrisi. 

mercoledì 14 maggio 2025

HERCAI - La fine della guerra (67)


 Sembra quasi di essere arrivati alla fine con questo episodio, anche se ne mancano ancora due e tremo al solo pensiero di tutto quello che potrebbe ancora succedere. Reyyan, dopo mille traversia, compreso il rapimento del suo bambino, con conseguente furia nei confronti di un marito che sì la ama, ma non riesce proprio a smettere di essere precipitoso e a infiammarsi come un fiammifero, sembra aver ritrovato un equilibrio e soprattutto si è resa conto ancora una volta di amare il suo Miran più di tutto e di non riuscire a fare a meno di perdonare le sue mancanze. E di cose, anche in questo episodio, ne sono decisamente successe.


 

La guerra tra gli Aslanbey e gli Sadoglu si è nuovamente infiammata, con le due grandi nonne che si confrontano con astio. Azize, che il dolore per la perdita di Hazar ha risvegliato, vuole vendicarsi di Fusun, che non ha smesso di colpire gli Sadoglu, legati a lei da vincoli di sangue. Così, mentre Miran cerca di scoprire l'assassino di Hazar, Fusun ordina il rapimento del piccolo Umut, strappandolo letteralmente dalle braccia di Reyyan che, ritrovandosi sola per la centesima volta nella sua vita, reagisce con furia, scagliandosi contro Miran, sempre a caccia di vendetta, invece che intento a costruire la pace.


 

Gli ordina di ritrovare il suo bambino o di non tornare mai più da lei. Il nostro eroe, diviso tra la preoccupazione per Umut e la mortificazione nei confronti della moglie, decide di smuovere mari e monti pur di ritrovarlo, aiutato da Mahfuz che, ormai, rimasto come unico padre di questo nucleo familiare, è sempre con lui, a mediare, a intervenire. Completamente insensata l'assenza di Zehra, personaggio chiave nella storia, ma che manca per lunghi periodi e che qui scompare senza una logica, tranne la scusa fatta pronunciare da Handan, della morte della madre che l'ha portata via da Midyat. Il che potrebbe avere anche senso, ma ci chiediamo come sia possibile che non corra al lato della figlia che sta vivendo l'inferno.


 

Zehra è sparita, ad aumentare il senso di solitudine di Reyyan, che si ritrova accanto, in questi momenti drammatici, la zia Handan e Cihan che, scagionato dall'accusa infamante dell'omicidio del fratello, ma sentendosi in colpa per la distanza creata, decide di dedicare il resto della sua vita ai nipoti che Hazar gli ha lasciato e quindi a Reyyan e a Miran.


 

Quest'ultimo, ricattato da Fusun che ha portato via il piccolo Umut, viene sottoposto a una prova difficile, quella di commettere un'ingiustizia per ottenere la libertà del bambino. Il ricorso dalla giustizia, a cui fa riferimento la nostra eroina, sembra quanto mai improbabile in questo angolo di mondo che ricorda tanto il Far West, (in questo caso il Far East !!) dove tutti si fanno giustizia da soli.


 

Reyyan è furiosa, ma la verità è che Miran non è lontano dal vero quando dice che la guerra infuria intorno a lui e non può far finta che non esiste. Infatti lo scopo di Fusun è quello di far finire in prigione Cihan e di rapire Azra, che nel frattempo è stata portata via da Azize, decisa a utilizzare la sua unica arma per essere sicura che Fusun restituisca il bambino.


 

Anche Reyyan cerca di muoversi autonomamente per ritrovare Umut, affiancata di Firat e Zeynep, ma i suoi tentativi risultano vani e sarà solo Miran che, in parte cedendo, in parte aiutato da Cihan, riuscirà a ritrovare il bambino e a riconsegnarlo alle braccia di sua madre.


 

Reyyan però è risentita con lui e non lo perdona subito, troppo spaventata da quello che è successo. Inoltre Miran non si è sottratto al tentativo di Azize di far cadere Fusun nella sua trappola e affrontando la donna nuovamente riuscirà a liberare Azra.


 

Quando Reyyan è sul punto di darlo ormai per perso, nel senso di Miran sembra essere nuovamente coinvolto dalle vicende della vendetta, scoprirà invece che Miran si è alleato con Cihan e ha chiesto l'intervento della polizia che, finalmente, cadrà su Fusun con tutto il suo potere, arrestandola mentre sta cercando di uccidere Azize e Cihan.


 

La donna viene arrestata, Azra liberata e Miran riaccoglie tra le braccia sua moglie e suo figlio, a cui promette di non mettere più a rischio la loro sicurezza e che si impegnerà per offrire loro un futuro di pace. Ci vorremmo credere tutti, ma mancano ancora due episodi, di quelli turchi, lunghi più di due ore ciascuno, e quindi Miran, non è che non crediamo in te, ma sembra che il destino, o la penna degli autori, non abbia ancora finito di raccontarci questa storia affascinante ed intricata. Anche se manca poco e speriamo fortemente nella vostra felicità!

martedì 13 maggio 2025

HERCAI - Il dolore più grande (66)


Arrivati ormai a un passo dalla fine, ancora una volta, ci troviamo di fronte a un dolore accecante, assoluto, forse il più grande di tutti: la perdita! Ci eravamo girati intorno diverse volte, eravamo riusciti a evitare all'ultimo minuto questa sofferenza assoluto, ma ora ci ritroviamo nel pieno dell'ondata che travolge tutto e tutti. Anche se in un primo momento, la regia gioca con noi quasi volendo farci credere che la bara che esca dalla villa Sadoglu sia quella di Reyyan, sappiamo bene che non è così e che si tratta di Hazar, il figlio amato, il padre venerato, l'uomo conteso, che, proprio a un passo dalla fine, ci lascia, travolgendo tutti i presenti con un dolore che scaccia via la gioia per la nascita di Umut.

 


Miran porta in spalla la bara del padre, con Firat e il nonno. Cihan compare solo nel cimitero, con le manette ai polsi, per piangere il fratello e ribadire a tutti che lui non l'ha ucciso, diversamente da quanto dichiarato da Azize. Nessuno gli crede, mentre tutti appaiono devastati. Miran si congeda da Firat e gli dice che deve andare a Istanbul dove Reyyan è tenuta sedata dai medici, insicuri se si riprenderà oppure no. Se dovesse succederle qualcosa, dice all'amico, lui si prenderà cura di Umut, perché, come ormai sappiamo, "Reyyan yoksa, Miran yok!".

 


Per fortuna il suo ritorno in città è coronato dal successo, perché Reyyan, dotata di forza estrema, reagisce alla sospensione dei medicinali e finalmente si sveglia, per poter vedere suo figlio che, nel frattempo, il padre aveva avvicinato con reticenza, rimproverato anche da una Zehra devastata dalla possibilità di perdere anche la figlia, oltre al marito.

 


Reyyan si risveglia e abbraccia il suo bambino. Sorvoliamo sul fatto che passi dal coma, e dalla soglia della porta rossa che aveva attraversato (Eh si ricordiamo la mitica Porta Rossa di Cagliostro di una serie di successo di Rai 2) alla capacità di stare in piedi e si poter stringere il suo bambino due secondi dopo. Nessuno racconta alla donna della morte di Hazar, anche se lei sente che c'è troppo dolore rispetto alla gioia del momento. Inoltre non riesce a parlare con il padre a Midyat.

 


Quando finalmente decidono tutti di tornare, Miran non può più rimandare e confessa alla moglie il dolore più grande: la perdita di Hazar. Reyyan ne è devastata e corre a casa dove trova Azize che non si è mossa dalla camera del figlio dal giorno del funerale. Lei lo piange, affronta il dolore e cerca di andare avanti, come è tipico del suo personaggio. Miran invece sembra bloccato nel gioco della vendetta, trascinato anche da una nonna che, con il ritorno del nipote, si sblocca, decisa a vendicare la perdita del figlio per poi congedarsi dal mondo intero.

 


Anche Nasuh è preoccupato per questo ritorno improvviso della vecchia Azize e prega in cuor suo di salvare Ayse, la donna amata. Ma lei è decisa e con lei anche Miran cerca di scoprire cosa sia davvero successo e se sia stato Cihan a uccidere suo padre o Fusun. Cihan, infatti, lo ha chiamato in carcere per rivendicare la sua innocenza e anche l'autopsia sembra confermare che il colpo che ha ucciso Hazar è stato sparato alle spalle e non al cuore.

 


Reyyan è insofferente al comportamento di Miran, che la lascia sola in occasione dei controlli medici di Umut e anche quando il bambino, durante la notte, si sente male per una febbre e lei corre in ospedale. È sempre più decisa a mettere un freno a questo Miran assetato di vendetta che lei sperava in qualche modo fosse cambiato. Il marito le promette che in futuro ci sarà, ma lei non vuole sentire ragioni.

 


Quando Firat lo chiama per dirgli che sua nonna sta per commettere qualcosa di brutto, avendo trovato l'uomo che ha assistito all'omicidio di Hazar e che può confessare chi sia il vero colpevole, Miran lascia nuovamente Reyyan, con cui aveva appena litigato, per andare dalla nonna, che ha rinchiuso Cihan, appena uscito di prigione, e Fusun in un capanno, decisa a uccidere il vero colpevole e poi a seguirlo nell'altro mondo. Ma mentre si dipanano questi ennesimi eventi di tragedia, Reyyan, rimasta sola, viene aggredita dagli uomini di Fusun che rapiscono il piccolo Umut e lei, disperata, riesce solo a chiamare il marito per supplicarlo di aiutarla.