LA LUNGA STRADA VERSO CASA di Danielle Steel
A volte, quando un'autrice è tanto celebrata, in me scatta una sorta di oscura diffidenza che mi induce a chiedermi se davvero sarà in grado di conquistare anche me, visto che spesso mi ritrovo ad essere una voce fuori dal coro. Alla fine, nel bene e nel male, mi lascio tentare anch'io, offrendo una possibilità di essere sorpresa da un'autrice o da un autore nuovo. La sensazione di aver trovato qualcuno, dopo tante letture, che in fin dei conti, riesce ad essere vicino alla mia sensibilità mi ripaga delle letture noiose che spesso hanno preceduto l'incontro.
Danielle Steele è sicuramente nella letteratura rosa una delle penne più illustri, ma confesso che non mi ha mai appassionato come ha fatto con legioni di fans sparse per tutto il mondo e che ha portato spesso a trasposizioni televisive. Forse è che non ho trovato i libri giusti che sono riusciti a smuovere qualcosa dentro di me. Eppure dopo L'IMMAGINE ALLO SPECCHIO ero piuttosto fiduciosa e quando anni fa mi imbattei in questo volume lo comprai senza esitazione.
LA LUNGA STRADA VERSO CASA è a tutti gli effetti un bestseller mondiale, con milioni di copie vendute ed una tematica quanto mai difficile ed importante, ovvero quello della violenza sui bambini e sulle donne. Eppure, malgrado la profondità sicuramente della tematica, quando lo lessi mi lasciò alquanto delusa incrinando il mio rapporto con questa scrittrice.
Il libro racconta infatti la vita della nostra eroina, Gabriella, nata in una famiglia in cui la madre, pur avendola messa al mondo, la tratta come il nemico, o una creatura su cui scaricare tutte le frustrazioni della sua esistenza. Il padre è una figura debole di contorno, incapace di difenderla dalla violenza della sua stessa genitrice.
L'infanzia violata è solo la prima fase della sua esistenza travagliata, che conoscerà l'abbandono, l'inganno e ulteriori violenze, prima di riuscire a riscattare se stessa imparare a rivendicare il suo diritto alla felicità ed infine un amore sano e giusto che possa ricondurla a casa.
Di solito le peripezie di un'eroina positiva mi coinvolgono sempre e non sono quella che aspetta solo la storia con l'eroe positivo che riscatta e ricompensa, cosa che qui avviene solo molto avanti nella storia, quando ormai abbiamo patito con Gabriella tutto il suo calvario. La verità è che ho trovato alquanto pesante il ciclo continuo di violenze come se l'autrice avesse ad un certo punto svilito il messaggio fondamentale che voleva trasmettere ripetendo continuamente gli stessi schemi, quando avrebbe potuto rafforzare il suo significato limitandosi a dargli uno spazio tutto suo, potente ed assoluto, senza indebolirlo.
Vedere Gabriella finire continuamente nelle mani di uomini che sono deboli o incapaci di affermare l'amore diventa piuttosto pesante, anche perché lo spazio dedicato alla ricostruzione mi è parso piuttosto limitato rispetto alla distruzione.
Lo so che in giro si parla in maniera entusiastica di questo volume, ma onestamente l'ho trovato piuttosto monotono a livello di costruzione della trama e stranamente incapace di farmi entrare in sintonia con l'eroina, che avrebbe meritato tutto l'amore di una lettrice.
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