Vi capita mai di iniziare a sognare qualcosa che ha una sua logica iniziale e poi mille assurdi particolari arrivano a confondere le acque tanto che al risveglio ti chiedi da dove siano uscite fuori tante stranezze? Ebbene questa è la sensazione che ho provato io alla fine de IL SOGNO DEL GUERRIERO. La verità è che, alla fine della lettura di questo romanzo, frutto dell'ennesima penna sconosciuta, quella di Helen Krkman, nella mia mente cercavo disperatamente di trovare un termine appropriato per descrivere questo romanzo e la mia mente insisteva su un paio di aggettivi del tipo "nebuloso e allucinato", volendo concedermi una certa generosità di giudizio. Infatti tutto sembra frutto di un sogno, non si capisce bene se della nostra eroina, dal poetico nome di Aurinia, o della stessa autrice.
Siamo nella seconda metà del 800 d.c. in un'Inghilterra molto diversa da quella di oggi. I Sassoni hanno preso il predominio e Re Alfredo lotta per mantenere il controllo, mentre i Britanni ancora tentennano su che parte prendere ed i vichinghi sono una minaccia costante. Ben lungi dal voler rappresentare l'aspetto crudo e violento di quest'epoca, l'autrice decide di scegliere una chiave diversa, ovvero quella del fantastico pur inserendolo in un contesto assolutamente inappropriato e primo di magia, con un risultato decisamente stridente.
Adoro il fantasy; il paranormal ( ben scritto) mi appassiona, ma quando trovo autori che provano a trattare generi che non gli appartengono, come lettrice, divento insofferente. Basti pensare alla nostra eroina, che aspetta nel suo castello isolato nei boschi, protetta dai lupi e da tutte le creature della natura. Lei sogna un uomo misterioso che un giorno arriva portando un ferito, un giovane colpito da una freccia durante la battaglia che infuria nelle vicinanze.
Quando Aurinia lo vede, lo riconosce subito ( e questo lo possiamo anche accettare), ma anche Macsen, lo straniero, la riconosce perché anche lui ha dei poteri e l'ha vista nel suo futuro. L'attrazione che provano è violenta e nemmeno poche ore dopo finiscono a letto insieme senza capire né come né dove. Questa non è solo la loro sensazione, ma anche quella della lettrice che cerca di seguire lo stile "visionario e confusionario" dell'autrice, perdendosi tra ciò che è reale e quello che non lo è.
E la ragione della sensazione sgradevole della lettura è tutta qui. Le storie si devono vivere, i racconti ci devono attraversare invece sembra quasi di spiare da un buco della serratura una vicenda tutta personale che l'autrice si racconta da sola. E, mio Dio, quale compiacimento nei confronti di un racconto vacuo e senza sostanza.
Mecses sposa Aurinia preda della passione che non sentiamo anche se lui la professa. Lei lo sposa tre giorni dopo averlo incontrato ma in realtà' non ci risparmia neanche la solita lagna del "No non ti voglio sposare. Preferisco essere la tua amante" ..tipico di tutti i pessimi romanzi di questo genere. Lei poi incontra il padre di lui che riesce a spaventarla e farla fuggire. Viene catturata dai vichinghi che vogliono usarla per le sue capacità mediche. Il marito la rintraccia; finge di non conoscerla e la sceglie come compagnia per la notte. Quando i due si rivedono, si danno alla fuga? Ovviamente no. Ne approfittano per farsi un'altra rotolata in un letto gentilmente concesso dal nemico. Il senso di frustrazione ero ormai arrivato all'apice.
Questa è una storia che parla di attrazione senza un briciolo di passione o sensualità, di magia senza sapere che cosa sia il reale meraviglioso, il fantasy o realismo magico, un racconto di guerra senza nessuna chiave eroica, epica o cruda, un racconto di avventura senza avventura. Onestamente è l' esempio di un romanzo scritto solo per se stesso senza nessuna capacità di comunicare al lettore qualsiasi emozione...in definitiva un enorme spreco di tempo..in questo caso, il mio.
VOTO: 2
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