Il secondo appuntamento letterario con le vicende di Angelica e Joffrey de Peyrac li porta alla corte di re Luigi XIV. In verità questa parte corrisponde a quella finale del primo volume originale, Angélique Marquise des Anges, che venne pubblicato in Italia in due parti, guidati dalla convinzione (forse giusta, ma a me comunque incomprensibile) che il pubblico italiano non l'avrebbe apprezzato per via della sua lunghezza.
In realtà ANGELICA LA MARCHESA DEGLI ANGELI ci raccontava dell'infanzia di quest'eroina romantica e passionale, le sue origini, le amicizie ed i sogni infantili, per poi accompagnarla durante la sua crescita fino alle nozze, combinate, ma poi estremamente felici con un uomo singolare come Joffrey de Peyrac.
La struttura narrativa richiedeva obbligatoriamente una sua evoluzione drammatica, dopo la gioia dell'amore e della maternità, ma questa fu relegata, per scelte commerciali in questo volume separato che ci racconta fondamentalmente il declino e il tormento della nostra eroina e del suo sposo.
La presenza a corte di Joffrey de Peyrac e della sua bellissima sposa, infatti, finisce per suscitare mille invidie e risentimenti, alimentati da alcuni storici nemici che mai hanno dimenticato la storia del cofanetto con il veleno destinato al sovrano.
Il Re, infastidito dal potere e dal successo di un vassallo che potrebbe, potenzialmente, ribellarsi a lui e aspirare al trono, decide di farlo arrestare durante una festa. Angelica, disperata, scopre della scomparsa del marito e inizia una ricerca spasmodica che la porterà a bussare alla porta di Ortensia, la sorella con la quale aveva sempre avuto un pessimo rapporto, ma che adesso vive a Parigi con il marito procuratore.
Ortensia è invidiosa di Angelica e allo stesso tempo preoccupata per le ripercussioni che la presenza di una sorella compromessa potrebbero avere sul suo benessere. Sarà però il cognato a presentare alla donna l'avvocato Desgrez, oscuro giovane di legge, povero in canna, e poliziotto a tempo perso, che finirà per abbracciare la causa di Joffrey de Peyrac, accusato di commercio con Satana.
Mentre Angelica cerca disperatamente appoggi, per aiutare il marito, finisce sempre più isolata, vittima anche di vari attentati che puntano ad eliminarla e cancellare con lei il segreto che ha condiviso ingenuamente con il marito, ovvero quello del cofanetto di veleno ancora nascosto nel castello di Plessis-Belliere.
Tutti i suoi sforzi, l'appassionata difesa di Desgrez, l'aiuto da parte del fratello prete, l'intervento della chiesa, a nulla valgono contro l'onda travolgente dei suoi nemici che si abbatte su di lei senza pietà, distruggendo tutto il suo mondo felice.
La parte finale del processo e della condanna sono quelli decisamente più emozionanti, forti di una scrittura possente e ricca, solida nella narrativa delle vicende storiche, seppur romanzate, con personaggi dal carattere determinato e con un fascino che solo la scrittura riesce a dare.
Costretta a rinunciare a tutto, dopo la perdita dell'amore, il romanzo si chiude in maniera drammatica e solo la consapevolezza che si tratta del primo capitolo di una lunga saga, permette al lettore smarrito di riemergere dall'intorpidimento e dall'emozione di una simile conclusione. Avvincente, comunque, è un genere di racconto adatto a tutte le anime romantiche, che vogliono storie non superficiali, ma ben costruite che, come tali, sanno dare emozioni molto più possenti e durature.
FRASI TRATTE DAL ROMANZO
«Voi, almeno, non ci credere, no?».
«Io sono un libertino, signora. Non credo né a Dio né al Diavolo».
(Angelica e l'avvocato Desgrez)
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«Lo vendicherò. Tutto quello che i suoi carnefici gli hanno fatto subire, io lo farò subire ad essi, e, se il demonio esiste, come insegna la religione, vorrei vedere Satana portarsi via le loro anime di falsi cristiani».
(Angelica durante il processo)
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«Ho giurato di dirvi tutta la verità. La verità è che, in questo regno, il merito personale non solo non è incoraggiato, ma è sfruttato da una banda di cortigiani che hanno in mente se non il loro interesse personale, le loro ambizioni oppure le loro dispute.In tali condizioni, il meglio che possa fare qualcuno che vuole davvero creare qualcosa è di nascondersi e di proteggere la sua opera con il silenzio. Perché "non si gettano le perle ai maiali».
(Joffrey de Peyrac alla corte)
«Ditemi...Ditemi ancora, che cosa posso fare per mio marito?».
«Tutto ciò che potete fare per lui ... ».
Esitò, poi disse in fretta:
«Andate a trovare il carnefice e dategli trenta scudi perché lo strangoli ... prima del fuoco. Così non soffrirà».
(Angelica e l'avvocato Desgrez dopo la fine del processo)
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Nessun balsamo avrebbe potuto dare sollievo alla piaga aperta. Dalla sua disperazione era nato un fiore malvagio: l'odio. «Farò loro pagare centuplicato quello che hanno fatto soffrire a lui». Aveva attinto da quella decisione il gusto di vivere ancora e di agire.
(Angelica dopo il rogo)
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