Nella disperata ricerca di qualcosa di diverso che caratterizza il mio desiderio di lettura in questi ultimi tempi, pur rimanendo nel mio piccolo angolo rosa di mondo che reputo estremamente confortevole, sono finita per puro caso ai temi dell'Antica Roma, in un libro di un'autrice per me completamente sconosciuta, ovvero Michelle Style.
NELL'ANTRO DELLA SIBILLA è stato un po' come varcare un cerchio magico e ritrovarsi all'improvviso catapultati in un altro mondo molto lontano dai pizzi Regency, dalle carrozze chiuse in una piovosa campagna inglese e dalle scintillanti sale da ballo della stagione mondana. Siamo al centro del Mediterraneo, da sempre crocevia di civiltà' e di mondi, più precisamente su una piccola isola dove si erge il tempio dedicato alla dea Cibele, divinità che simboleggiava la forza creatrice e distruttrice della natura.
Marco Livio Tullio è un centurione romano che ha sempre posto l'onore e gli interessi di Roma davanti a tutto tanto da perdere la prima moglie che gli preferisce un senatore, che a quanto pare già all'epoca reputavano più importante la vita personale che quella del proprio paese. Quello che conta per Tullio sono i suoi uomini e quando viene fatto prigioniero dai pirati e portato sull'isola di Cibele, in un primo momento quello che lo guida è il desiderio di riportarli tutti a casa e riuscire a convincere la Sibilla a fidarsi di Roma, fino a quel momento vista come il nemico principale. Sul suo cammino arriverà invece Elena, non la mitologica creatura in grado di rubare il cuore di Paride, ma l'assistente e la nipote dell'attuale Sibilla.
Elena è nata dalla colpa e in qualche modo crede che gli dei le abbiano risparmiato la vita per uno scopo, ovvero quello di dedicare la sua esistenza al tempio e al divino. Quando Tullio arriva sull'isola la sibilla è gravemente malata. Stretta tra le minacce dei pirati, che vorrebbero prendere il sopravvento, e l' inquietante presenza dei romani, tenuti prigionieri in attesa del pagamento del tributo, Elena si finge la Sibilla durante i rituali e solo Tullio scoprirà il suo segreto.
Anche se in in primo momento l'avvicinamento dell'uomo ad Elena è guidato dall'interesse, pian piano la ragazza riuscirà a trovare una strada per accedere al suo cuore, coinvolgendolo come non era mai successo prima. L'attrazione tra i due porta il loro rapporto su di un piano assolutamente nuovo, mentre intorno a loro ruotano tutti gli altri personaggi: zia Zenobia, la sibilla, Kimon e il padre, presi da intrighi politici e vicende varie.
Onestamente i cattivi sono personaggi alquanto deboli, che occupano uno spazio nell'economia del romanzo più come elemento di tensione che come vero e proprio pericolo. Basti pensare alla battaglia finale risolta in un frettoloso scontro che mostra un certo imbarazzo narrativo da parte dell' autrice, come se si trattasse di scene a cui non è particolarmente abituata.
Malgrado la tensione e l'attrazione, tutto sembra essere giocato su quello che potrebbe succedere invece che su quello che si verifica davvero, e questo in definitiva genera nel lettore una forma di frustrazione che non trova sfogo. Intrappolati a nostra volta come prigionieri sull'isola, vaghiamo come Tullio per i corridoi e le stanze, per i giardini ed i boschi circostanti alla ricerca di una via di fuga. L'azione c'è già stata e noi ce la siamo persa e quella conclusiva è liquidata frettolosamente.
Questo è il libro delle possibilità mancate, del poteva essere ma non è stato. Peccato, perchè mi ero approcciata a questo romanzo con l' intenzione di farmelo piacere per le sue ambientazioni mediterranee, per il respiro di un contesto storico diverso e le infinite possibilità che questo offriva. Eppure alla fine sono solo un condimento di un piatto che onestamente faccio fatica a digerire. Speriamo di gustarci una prossima portata.
VORO: 5
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