Sono un'estimatrice dei romanzi di Wilbur Smith. Nel corso della mia vita ne ho letto diversi e uno dei suoi libri, UN'AQUILA NEL CIELO, è uno dei miei preferiti. Così quando trovo un suo volume mi coglie una strana debolezza e posso comprare, come se non ci fosse un domani. Uno di questi giorni ho fatto "razzie" in una libreria, ma poi, siccome i suoi sono spesso testi voluminosi, bisogna decidere di mettersi con impegno ad affrontare il viaggio. In pratica bisogna avere tempo. Siccome sono giorni di convalescenza, mi sono detta che potevo dedicarmi alla lettura, che tra tutte le attività, è quella che mi permette anche di riposare e riprendermi.
Avevo comprato, tempo fa, il primo volume della serie BALLANTYNE, QUANDO VOLA IL FALCO, e mi sono tuffata decisa a fare questo viaggio interessante in Africa e nel mondo degli schiavisti nel 1860. Siamo a una fase cruciale della storia. La tratta, che ancora alimenta le ricchezze di molti uomini, comincia ad essere osteggiata da alcuni paesi, tra cui anche la Gran Bretagna, che ha concesso ad alcuni capitani il diritto di controllare, nelle proprie acque, navi negriere che ancora attingono a piene mani nel territorio africano.
Quando il romanzo inizia, ci troviamo sul clipper Huran, capitanato da un fascinoso capitano, Mungo St John (che vi anticipo è tra le cose migliori del romanzo) che porta due passeggeri in Africa, i fratelli Ballantyne, la dottoressa Robyn e su fratello Zouga. I due sono figli di un noto missionario ed esploratore, scomparso anni prima. Il loro intento è quello di ritrovare il padre e di completare il suo lavoro, almeno all'apparenza. In realtà Zouga cerca ricchezza e fama e Robyn è mossa dal desiderio di dare un senso alla sua vita.
Mentre sono quasi arrivati, la nave viene quasi attaccata da quella di Codrington, ambizioso ufficiale della Marina britannica, incaricato di stanare navi negriere. Effettivamente St John è un trafficante, anche se in questa occasione la nave è vuota e Codrington non riuscirà ad arrestarlo. Il disprezzo e la forte attrazione che Robyn prova per quest'uomo produrranno sul suo destino delle svolte inattese, anche se ben presto i loro cammini si separeranno e i due fratelli intraprenderanno il difficile cammino per ritrovare la verità sul passato.
Romanzo corposo, fatto di storie, personaggi, di viaggio e di scoperta, ma anche di scontri, di avvicinamenti e di perdite. Resta un velo sottile di ambiguità nell'atrocità descritta del tempo, incarnata perfettamente dal personaggio di St John, sparito troppo presto dall'orizzonte, una volta sbarcati. Lui rappresenta le contraddizioni di un'epoca barbara e a suo confronto il candore di Robyn e la sua visione del mondo appare stridente e semplicistica, come Codrington, accecato da una visione quasi fanatica che gli impedisce di vedere la realtà (come l'ambiguo rapporto di Robyn con St John).
Si fatica a entrare in sintonia anche con Zouga, guidato più dal desiderio di ritrovare la famosa città perduta che dovrebbe offrirgli fama e ricchezza e il modo in cui il rapporto solidare con la sorella si sgretola, sul desiderio legittimo di lei di ritrovare il padre, induce il lettore a guardarlo con diffidenza.
Pur appassionandosi per il romanzo in sé, per le vicende narrate, innegabilmente i personaggi faticano a conquistare la simpatia del lettore. Robyn sembra scollegata dalla realtà, guidata da nobili principi, ma smesso incapace di cogliere la natura profonda degli esseri umani. Sembra quasi, infatti, che alla fine sia la condizione matrimoniale di St John a darle la spinta vendicativa nei suoi confronti e non una profonda convinzione di cosa sia giusto e sbagliato. Codrington vive in un mondo di fantasia, dove la donzella in pericolo chiede il suo aiuto, senza rendersi conto che Robyn ha provato a usarlo in più di un'occasione e anche la sua richiesta finale è solo una vendetta nei confronti di St John. Sembra quasi che solo con quest'ultimo, nella sua innegabile ambiguità, Smith riesca a offrirci tutti i chiaroscuri di un essere umano completo con il quale un lettore medio ha più facilità a entrare in sintonia.
Nel complesso, comunque, romanzo interessante, con momenti più lenti e altri decisamente più riusciti. Pur non avendomi appassionato come altri, gli si riconosce il merito di aver aggiunto al mondo narrativo di Wilbur Smith un personaggio come Mungo St John a cui avrebbe poi dedicato un romanzo tutto suo, a merito. Consigliato solo per questo!
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