Ci sono dei libri di cui abbiamo sempre sentito parlare, che sono entrati nella nostra cultura e i cui personaggi, in qualche modo, si sono fusi con alcune immagini che hanno assunto il profondo significato di simboli. In questo caso ci ritroviamo davanti a romanzi che a buon titolo si sono conquistati l'appellativo di classici, che segnano un riferimento iconico fondamentale di tutto il nostro immaginario romantico.
Il mio incontro con DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA (o Don Quijote de la Mancha) è avvenuto in questo modo. Avevo sentito parlare all'infinito del prode cavaliere che combatteva contro i mitici mulini a vento, ma immergermi tra le sue pagine, respirare il mondo cinico e realistico nel quale si muoveva questo tenero sognatore pazzo, in qualche modo mi conquistò profondamente, strappandomi sorrisi e malinconie, perché alla fine avrei voluto abbracciare il suo mondo ideale, fatto di valori profondi, sinceri, come quelli di pace, giustizia ed amore, così lontani dalla stessa realtà che lo circondava.
La trama è quella nota. Parodiando i vecchi romance cavallereschi, Cervantes immagina che la storia sia raccontata in un testo arabo, tradotto da un certo Cide Hamete Benengeli. Le vicende sono di un nobile gentiluomo Alonso Chesciana, un appassionato di romanzi cavallereschi, che a furia di vivere immerso in questi testi, finisce per non distinguere più il confine tra realtà e finzione e un giorno, armandosi di tutto punto, nobilitando il suo vecchio cavallo, che ribattezza con il glorioso nome di Ronzinante, decide di abbandonare la sua casa per andarsene in giro per il mondo alla ricerca di cause gloriose a cui dedicare quello che resta della sua vita, affiancato da un contadino, Sancho Panza, che rappresenta spesso il suo contraltare razionale, e sognando l'amore di una rozza contadina che lui ha nobilitato nei suoi pensieri trasformandola nella mitica Dulcinea del Toboso.
Il romanzo, a ben vedere, offre continue situazioni comiche, nate dallo scontro tra il mondo ideale di Don Chisciotte e la realtà cinica e volgare che invece lo circonda e fu utilizzato da Cervantes anche per criticare l'inadeguatezza della nobiltà spagnola nel fronteggiare i nuovi tempi che attraversavano la Spagna di quell'epoca.
Eppure, malgrado la modernità che caratterizza questo testo, alla fine delle sue avventure una strana malinconia mi ha colto perché in tutta la sua follia, Don Chisciotte inteneriva con la sua visione di un mondo dove era ancora possibile credere in valori e ideali, spazzati via dalla contemporaneità, che si stava indirizzando verso concetti decisamente molto più materiali e terreni.
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