mercoledì 25 novembre 2020

L'AMICA GENIALE di Elena Ferrante


Ci sono dei libri universalmente riconosciuti, di quelli di cui la critica e il pubblico s'innamorano da ogni angolo del mondo, quelli che hanno la fortuna di ottenere anche una trasposizione televisiva di livello, che permette loro di aggiungere elementi che si fissano nella memoria dei telespettatori e dei lettori nuovi, che, attirati dalla notorietà, si avvicinano a questi testi, lasciandosi poi trascinare dal piacere di quello che hanno visto, dalla scoperta di qualcosa che li cattura, o dal consenso generale. 


 

Ci sono alcuni casi così e si ha quasi imbarazzo a essere una voce fuori dal coro, eppure, trascinata dal piacere della serie tv, una coproduzione del colosso statunitense HBO e della Rai, regia di Saverio Costanzo, che mi aveva fortemente convinto, mi sono avvicinata a questo caso editoriale, L'AMICA GENIALE di Elena Ferrante, sperando di essere folgorata dal piacere della scoperta.


 

Ho iniziato la lettura senza pregiudizi, desiderosa di lasciarmi convincere come gli altri del valore dell'opera, del piacere della storia, del ritmo narrativo, nostalgico o analitico di una vita o parte della vita, eppure la scintilla non è scattata e sono rimasta piuttosto fredda. Non dipende dalle vicende narrate. La storia di Elena e Lila, le due amiche d'infanzia che crescono in un quartiere degradato di Napoli, una salvata dalla scuola e l'altra, nonostante le altissime potenzialità, trascinata in una vita complicata e piena di rinunce, proprio per la mancanza di un'istruzione canonica che le potesse permettere di allontanarsi dalla miserie del quartiere, avevano suscitato il mio interesse già nella serie televisiva. 


 

Quello che mi ha lasciato piuttosto fredda è lo stile dell'autrice, decisamente lontano dalla mia sensibilità di lettrice, incapace di creare per me una visione chiara ed emotiva che potesse portarmi a entrare in sintonia con questo mondo e questi personaggi. Se la serie ha quell'impronta neorealista, feroce, ma decisa, che è riuscita a imprimersi sulla mia sensibilità, il libro mi ha lasciato fredda e lontana, incapace di avvicinarmi al mondo delle due ragazze, o di vedere chiaramente la realtà che si estende davanti ai loro occhi.


 

Mi rendo conto che è un fatto puramente soggettivo, che ci saranno milioni di persone che invece osanneranno l'opera della Ferrante, dicendomi che è una sorta di neorealismo, di analisi lucida e precisa di un mondo che lei ben conosce, ma il dialogo tra un libro e il suo lettore è sempre una cosa a due e, onestamente, tra di noi non è scattata nessuna scintilla.

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