venerdì 22 novembre 2024

HERCAI - Del perduto onore (3)

 



Parte del fascino di questo racconto è una dimensione arcaica e lontana da noi, un mondo “moderno”, ma allo stesso tempo antico dove valori (o disvalori, passatemi il termine) sono molto diversi da noi, ma che ci ricordano qualcosa di noto, dal sapore delle favole. Ed ecco che l’importanza di una donna, o il suo onore, viene associato a una verginità che un tempo era considerata l’unica cosa importante e che oggi per la maggior parte della società occidentale è più un peso che qualcosa di prezioso da consegnare a qualcuno che si ama.

 



 Due estremi, sicuramente, in quanto il valore di una donna o il suo onore non si misura certamente sulla base di questi parametri, ma qui siamo davanti a un altro estremo e se si è capaci di contestualizzare, capiamo tutta la drammaticità dell’abbandono, vissuto più dai familiari di Reyyan che dalla ragazza, il cui cuore ferito è legato soprattutto alla durezza con la quale Miran ha posto fine al loro legame che al perduto onore.


 

Certo eccoci davanti alla scena in cui la ragazza, intontita per l’abbandono, si riveste con l’abito da sposa, si toglie gli anelli e la corona, e dà letteralmente alle fiamme il loro nido d’amore, lasciandosi circuire dal fuoco, quasi sperasse di far evaporare il dolore che la sta devastando. Non le sarà concessa una simile tregua perché la vecchia Azize, dopo aver scoperto dove si trovava la ragazza, si precipita lì per sottoporla a una nuova offesa.


 

Trascinata a forza nel centro della piazza di Midyt, viene abbandonata davanti a tutto il paese, costretta ad affrontare “la vergogna” di essere stata abbandonata la mattina dopo le nozze davanti a tutti. La camminata della vergogna la porterà ad essere salvata da un vecchio saggio, che si prende cura di lei, mentre Firat, l’amico di Miran che lo affianca sempre, mandato dall’uomo sul luogo del delitto, per accertarsi che la ragazza stia bene, per quanto possa esserlo, chiama l’amico per dirgli che ha trovato solo cenere.


 

Miran, che già stava male per quello che le aveva fatto, perde ogni lume della ragione e corre sul posto dove trova solo il bracciale che la ragazza gli ha regalato (è una sorta di rosario che i mussulmani usano per pregare) affidandolo al Signore con tutto l’amore che provava per lui. Questo ricordo sblocca qualcosa dentro di lui e il senso di colpa lo travolge, mischiato ai sentimenti potenti che sta provando per la prima volta nella vita. La moglie su carta, Gonul, non è riuscita a sedurlo la sera prima, quando è tornato a casa dopo aver vendicato l’onore degli Aslanbey, proprio perché lui ormai si è legato sentimentalmente a Reyyan, assolutamente innocente nei confronti di tutti.


 

L’idea che lei possa essere morta per colpa sua lo travolge e comincia a cercarla disperato per tutto il paese, mentre a Kars, dove vive la sua famiglia, la matriarca decide di chiudere la villa per ritornare a Midyat, per sbattere in faccia al vecchio Sadoglu che l’onore è stato ripulito con la vendetta.


 

Ma allo spettatore interessa soprattutto Reyyan, donna che, una volta tornata a casa, viene travolta dal disprezzo della famiglia, soprattutto il nonno e la cugina Yaren. Il primo è preoccupato che quando si saprà del disonore ci saranno ripercussioni anche economiche. Tale è il peso del perduto onore in questo contesto decisamente lontano dalla nostra società, ma che rispecchia drammi medievali o ottocenteschi, dove un affronto simile avrebbe danneggiato tutta la famiglia.


 

E quindi, cosa fare con una donna disprezzata dal marito il giorno dopo le nozze? Tutti crederanno che è stata ripudiata perché non aveva onore già prima. La soluzione è drastica. Solo la morte potrebbe salvarli, ma Hazar, il padre di Reyyan, avvisato da Azat, corre dalla figlia per salvarla, implorando il padre che trova come soluzione quella di farla sposare con un vecchio e mandarla via.


 

Reyyan si rifiuta davanti al rabbino e al vecchio, devastato dall’odio, resta solo la soluzione della morte. Hazar, in un momento di consapevolezza, chiede che a ucciderla sia Azat, il cugino innamorato, sapendo che lui la porterà via e la salverà. Il nonno decide di accettare e l’uomo trascina via Reyyan sotto gli occhi addolorati del padre, ma soprattutto sotto lo sguardo disperato di Miran, fermo in macchina in attesa di un momento propizio per poterla portare via e salvarla. Firat cerca di farlo ragionare: quello che è successo era prevedibile e non capisce perché lui adesso, dopo il male fatto, voglia aiutare Reyyan, ma i sentimenti sono irrazionali e Miran sa solo che non permetterà a nessuno di ferire la donna.


 

Le due macchine raggiungono un ponte sospeso su un fiume dove Miran blocca la vettura di Azat per costringerli a scendere. Quando Reyyan vede l’uomo colpevole delle sue sofferenze, ferma il cugino, desiderosa di un confronto e quando Miran tende la mano per aiutarla a fuggire, lei gli rivela tutto il suo risentimento e il desiderio di non aggrapparsi mai più a lui. Poi, divisa tra il disprezzo della famiglia e il suo carnefice, decide che la soluzione è solo una: lanciarsi nel vuoto! 


 

E con un tale cliffhanger impossibile perdersi la puntata successiva!

 

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