sabato 2 aprile 2016
L'ANGELO CADUTO di Wendy Douglas
Ci sono dei romanzi che quando li inizi riescono a trascinarti via e a mantenerti con il fiato sospeso dall'inizio alla fine. Sono onestamente pochi, ma quando li incontri, sai che si tratta di un'esperienza felice che ricorderai a lungo. Altri invece, ti conquistano al principio, con idee intelligenti, ma poi cadono nella monotonia: praticamente la maggioranza. E poi ci sono quelli che partono piano e poco a poco riescono a toccarti e a convincerti, fino ad appassionarti. L'ANGELO CADUTO è uno di questi.
Non avevo letto nulla di Wendy Douglas ed in qualche modo ero insicura sull'ambientazione post Guerra Civile Americana. In qualche modo mi ero persa nell'umida campagna inglese e questo paesaggio del Texas, lontano anche dalla vivacità del mondo delle DODICI QUERCE di mitchelliana memoria, mi risultata difficile da digerire, anche perché quando i due protagonisti compaiono in scena sono già due anime perse, con un carico di dolore che li presenta in qualche modo cupi e drammatici.
Amber Laughton ha trovato rifugio a Double F ranch, fuggendo dalle malelingue che nella piccola città di Twigg praticamente le hanno reso la vita impossibile dopo la morte di suo padre. Uno scandalo l'ha allontanata ed è stata accolta dal proprietario del ranch, il vecchio Fontaine. Alla morte dell'uomo, subito dopo la fine della guerra, erede della proprietà, arriva Derek, il nipote e tra i due scatta subito una strana tensione.
Derek crede che Amber, accolta in casa come una governante, sia stata l'amante di quelli che tutti reputano suo zio, ma che è in realtà suo padre. Inoltre in città tutti parlano male della ragazza, che però si mostra assennata e determinata. I due sono anime ferite dalla vita e dalla guerra e malgrado le incomprensioni finiscono per fare sempre di più affidamento l'uno sull'altra, scoprendo che la vicinanza reciproca può agire quasi come un balsamo e curare le ingiustizie e le ferite che entrambi nascondono nel profondo del loro animo.
Anche se l'angelo caduto del titolo potrebbe alludere ad Amber, in quanto l'aggressione subita per colpire il padre, direttore di giornale con idee molto chiare sulla schiavitù, Derek non è da meno. Nel suo spirito non solo si celano gli orrori di una guerra combattuta contro la sua stessa gente, ma anche il ricordo di una vita familiare tormentata in quanto la consapevolezza di non essere il figlio naturale di chi l'ha cresciuto in qualche modo ne hanno fatto un diverso.
L'autrice studia bene i personaggi, che pian piano si svelano al lettore attraverso una scrittura asciutta, quasi scabra di decorazioni. Il mondo che circonda Amber e Derek è quello che resta dopo la follia della guerra e l'attenzione sembra andare dritta all'essenziale, lontano da qualsiasi fronzolo. Pian piano però è come se l'amore portasse luce e speranza nella vita dei singoli e la storia e la scrittura decollano notevolmente.
Nel complesso alla fine la storia mi ha preso, soprattutto per la dinamica del rapporto tra Amber e Derek, mentre il sottointreccio dei furti del bestiame resta solo un pretesto narrativo che creare un minimo di movimento. Romanzo interessante, con spunti buoni, una storia adatta a chi cerca personaggi che si presentano come anime perdute che trovano nell'amore la loro forma di redenzione.
VOTO: 6
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