Può, la conoscenza, essere alla base dell'amore? C'è chi dice che non ha niente a che fare con quel sentimento impetuoso che si accende in un cuore e in un corpo quando percepiamo l'altro che riesce a risvegliare le note giuste dentro di noi. È un sentimento irrazionale, tumultuoso, che è come un fuoco che brucia e che può legare persone che non hanno niente in comune.
Non è questa la storia di Fatmagul, dove il sentimento di partenza, a parte l'attrazione evidente che Kerim ha sentito per Fatmagul fin dal primo giorno in cui i suoi occhi si sono posati su di lei, è soprattutto odio e senso di colpa. Il primo è sicuramente divampato in Fatmagul, che, soffocata dall'enormità di quello che ha vissuto, cerca un modo per esternare la sua disperazione e, costretta a legarsi a uno dei suoi carnefici, non trova soluzione migliore che riversare su di lui tutto questa furia che la consuma.
Allora per Kerim non c'è pace e tregua, riceve sputi, insulti, spintoni e quel muro terribile, di condanna, che gli occhi verdi di Fatmagul riescono a innalzare ogni volta che si posano su di lui. Gli epiteti con cui lo chiama sono numerosi, da "bu" (quello), "hayvan (animale), aptal (idiota), giusto per fare qualche esempio e quando Abla Nine, o Meryem, come la si voglia chiamare, cerca di raccontare il passato, decisamente doloroso, del bambino che ha accolto e cresciuto, lei lo respinge.
Lei rifiuta, si chiude a riccio, non vuole sapere nulla della madre morta, del padre che lo ha abbandonato per andarsene in Australia. La conoscenza potrebbe portarla ad ammorbidirsi nei confronti dell'uomo e lei vuole considerarlo solo un suo nemico.
Kerim, da parte sua, vorrebbe avvicinarsi, vorrebbe scoprire il mondo di lei, oltre il dolore, ma quando Murat cerca di fargli vedere le foto della zia, Fatmagul interviene furiosa, strappandogliele dalle mani, perché la conoscenza potrebbe portarla ad avvicinarsi a lui e per lei la sicurezza è tutta nella distanza o nella speranza che lui compia con la sua minaccia di andare via una volta e per sempre.
Eppure, in questo episodio, dove Kerim è andato effettivamente a ritirare il suo passaporto, incontrando, senza che lui lo sappia, il famoso e pericoloso Mustafa, Fatmagul compie un primo e incredibile passo nei confronti del ragazzo, sorpreso da Meryem, davanti agli occhi di tutti, per aver conservato gelosamente, nella tasca dei suoi pantaloni, un fiore ricamato da Fatmagul, segno di un amore di cui ancora non è pienamente consapevole.
Lei è infastidita, in questa occasione, ma una mattina, dopo che ha visto Kerim allontanarsi dal suo capanno, che piano piano sta assumendo una forma decente, si intrufola nella sua tana, guardandosi intorno con una certa curiosità: ecco le macchine di quando lui era bambino, la fionda o delle sfere di vetro, frammenti di una vita che lei non conosce, non priva di dolore, come scopriamo da un frammento di ricordo, mentre il dito di Kerim accarezza la cartina geografica dell'Australia, pensando a quel padre fuggito che ha abbandonato lui e la madre nella profonda disperazione.
Storia intensa, giocata sui silenzi, sugli sguardi che parlano, sulla potenza delle emozioni. Una nota la dedicherei anche a Vural, uno dei pochi a nutrire un senso di colpa che lo sta facendo sprofondare. Quando incontra Zeynep, la ragazza di cui era invaghito nell'altra vita, lui dichiara, con un dolore accecante, sincero, di averla amata, ma di essere fuggito per paura di se stesso, un se stesso terribile che oggi ha guardato negli occhi e che vorrebbe far sparire.
Il suo bisogno di perdono, richiesto alla prostituta Asu (altro personaggio interessante!), che gli mormora "Seni affetim" (ti perdono), come gli ha richiesto lui, ci fanno cogliere un ragazzo fragile, estremamente complesso, incapace di trovare un modo per curare l'orrore provocato, circondato da una famiglia egoista che non lo comprende.
Storia, fino ad ora, decisamente ben scritta, e splendidamente recitata!










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